"We'd better start savin'up for the things that money cant't buy"  - Bruce Springsteen

 


GIORNI DA STUDENTE A HILLTOP HIGH 

di Daisy Bellò


Durante il nostro soggiorno in California ho avuto l’opportunità di partecipare ad alcune giornate di scuola insieme alla mia partner americana, Nancy: lei è al nono grade, che in Italia corrisponde alla prima superiore.
La scuola inizia alle 7.30 con una sorta di breve giuramento agli Stati Uniti, che gli studenti recitano in piedi e rivolti verso la bandiera solitamente appesa vicino alla lavagna, dopodiché: biologia.
La prima cosa che salta all’occhio entrando è proprio l’aula: molto più grande di quelle italiane, ha posto per una trentina di banchi disposti in quattro file al centro della stanza e ai lati ci sono sette tavoli provvisti di accessori per esperimenti chimici, computer e plastici vari.
Inizia la spiegazione e non è facile, inizialmente, seguire il discorso. Una delle cose che mi hanno lasciata perplessa è che non sono stata trattata come un’ospite, al contrario: sono stata integrata alle classi, mi venivano poste domande di comprensione come a chiunque altro e alla fine dell’ora, il test. Ogni settimana, mi è stato spiegato, ogni insegnante prepara un test sul programma svolto, il cui risultato non grava sulla valutazione della materia, a differenza dei veri compiti in classe la cui data è decisa con gli alunni.
Alla fine del primo period sono le 8.30 e ci prepariamo ad andare alla lezione di inglese che si svolge in un’aula dalla parte opposta della scuola; proprio per questo, tra un’ora e l’altra, ci sono sempre sei minuti vuoti, che permettono a ciascun allievo di arrivare in orario in classe.
Quello di inglese è forse il corso a cui ho partecipato meno, in quanto fondato sulla lettura in classe, prima individuale e poi con l’insegnante. Mi ha colpita il vedere che, durante la lettura di classe, non fosse la professoressa a destinare il turno di ciascun alunno: al contrario erano gli studenti stessi che iniziavano a leggere di propria spontanea volontà e talvolta cominciavano in due contemporaneamente!! Sarà perché sono abituata alla mia classe dove, prima che qualcuno inizi a leggere, c’è sempre qualche lungo attimo di silenzio e incertezza… Alla fine però ho scoperto il trucco! L’insegnante metteva in palio un tot di punti per coloro che avessero letto, punti che avrebbero influito sulla valutazione. Potrebbe essere una formidabile idea da adottare per i nostri docenti… forse noi, però, non saremmo dello stesso parere…
A circa dieci minuti dalla fine dell’ora viene acceso il televisore, di cui ogni aula è dotata, per vedere un filmato creato nelle due ore precedenti da un apposito gruppo di studenti e che mette tutto l’istituto a conoscenza di ciò che è accaduto il giorno prima o che accadrà il giorno stesso nella scuola.
Fine della seconda ora: ore 9.36, ci attendono dieci minuti di break prima dell’ora di geografia.
Dieci minuti in cui la mia corrispondente, con me a seguito, andava al suo armadietto a riporre i libri delle prime due ore (N.B. il suo armadietto si trova non lontano dall' aula di biologia… dalla parte opposta della scuola) per poi recarsi alla lezione di geografia, accanto all’aula di inglese…


© Daisy Bellò 2002

Lezione di geografia


L’aula è veramente originale: i banchi disposti sempre in file, stavolta oblique, che convergono sulla cattedra del professore, le pareti sono ricoperte di fotografie di alunni, poster, cartine geografiche, ritagli di manifesti elettorali… tanto che alcuni poster sono stati attaccati al soffitto! Anche la lezione è originale: si parla di elezioni e politica, dopodiché attualità. In più questo professore, ogni venerdì, ha l’abitudine di controllare che ciascuno dei suoi studenti indossi qualcosa di verde (il colore della scuola) e, in tal caso, dà loro un punto; punti che, accumulandosi, alzano la media scolastica.
La quarta ora è quella di italiano, dove io e le mie compagne abbiamo lavorato in gruppi con gli studenti americani, talvolta abbiamo parlato delle nostre abitudini, dei nostri hobby; quello che ha colpito di più i nostri ospiti è stata la descrizione “del tipico sabato sera di un italiano”: cose che loro fino a 21 anni non potranno fare… possiamo dire che, in un certo senso, ci divertivamo a infierire al riguardo…
Alle 12 inizia l’ora di matematica: arrivata in classe, attendo con gli altri il suono della campana d’inizio, dopo il quale l’insegnante ha aperto un armadio ed ha cominciato a vendere merendine agli alunni: era divertente sentirlo dire “avanti, affrettatevi che poi cominciamo! Ancora due minuti, forza ragazzi!”, sembrava di stare al mercato… Alla fine delle vendite, è iniziata la lezione di geometria: le congruenze dei triangoli. Il professore era simpaticissimo e trovava in qualunque cosa uno spunto per far ridere la classe: ad esempio, riusciva a mettere le lettere che rappresentavano i nomi degli angoli in modo tale che, nello scrivere le congruenze, risultassero delle parole assurde ma non prive di significato. Poi, provate ad immaginare il vostro insegnante di matematica che, durante la lezione, beve da una caraffa?! 
Li, infatti, non sembrano così rigidi nei confronti del cibo in classe: anche i professori bevono e mangiano tranquillamente mentre spiegano; naturalmente, non è da escludere che ci siano anche docenti di vecchio stampo, molto severi al riguardo, ma, sinceramente, la sottoscritta non ne ha trovato neanche uno, su sei, di quel genere.
Dopo quest’ora finalmente c’è la pausa pranzo: in questa mezz’ora gli studenti possono usufruire della mensa a pagamento, oppure c’è sempre chi ricorre al solito panino fatto in casa o alle classiche macchinette che forniscono merendine, patatine e altre varie atrocità ipercaloriche.
La sesta ora è la lezione di educazione fisica, dove ragazzi e ragazze sono divisi: i ragazzi vanno a praticare sport; le ragazze possono scegliere tra lo sport e la danza. La lezione a cui partecipavo, naturalmente, era quella di danza e devo dire che ci si diverte davvero tanto. Non è che me ne intenda molto di danza, per cui non so definire quale, tra la moltitudine di generi esistenti, stessero ballando: le mosse e la maggior parte dei passi erano della danza classica, ma il sottofondo musicale era rap o pop. Come le altre, anche questa materia ogni settimana ha il suo test che, in questo caso, tratta i nomi dei passi imparati.
In tutti i giorni di scuola a cui ho preso parte, ho frequentato sempre queste lezioni e sempre nel medesimo ordine: mi è stato spiegato che ciascuno studente ha sei materie: inglese e matematica (obbligatorie per tutti) e altre quattro a sua scelta, che manterrà fino alla fine del quadrimestre.
Non è affatto semplice con i compiti per casa, soprattutto per ragazzi e ragazze che, come la studentessa che mi ospitava, al pomeriggio hanno gli allenamenti fino alle 17 in vista delle partite del venerdì, subito dopo le lezioni.
Penso che il modello di scuola per eccellenza si potrebbe ricavare attraverso una fusione della scuola italiana con quella americana. Sicuramente mi piacerebbe molto avere una scuola con la medesima struttura del classico istituto statunitense: poter cambiare di classe, avere il proprio armadietto con lucchetto (che penso sia la caratteristica più simpatica tra le tante), avere una squadra per ogni sport (che ogni venerdì, ultimo giorno di scuola della settimana, ha il suo torneo contro un altro istituto). In fatto di educazione però, la scuola italiana è migliore, secondo me; non mi attirerebbe l’idea di dovermi scegliere tutte le materie da studiare, perché le sceglierei in base ai miei gusti e non alla loro utilità: avere le materie fisse, invece, ti permette di studiare tutto quello che può esserti utile per il tuo indirizzo e che poi potrai approfondire all’università in base ai tuoi interessi (anche se, bisogna dirlo, talvolta abbiamo materie di cui faremmo volentieri a meno).
Naturalmente, se si parla con un americano, egli difficilmente concorderà con noi: loro, infatti, trovano la loro scuola molto dura, dicono che hanno tanto da studiare e che loro, finito l’iter scolastico, sono molto più acculturati rispetto a noi… mah…
Sta di fatto, comunque, che mi sono divertita davvero molto (come ogni mia compagna del resto): in una parola, è stata un’esperienza indimenticabile e mi auguro sarà lo stesso per tutti quei ragazzi americani che verranno a trovarci a febbraio; inoltre, spero tanto di poter rivedere in futuro tutti coloro che, in quei giorni, ho conosciuto e a cui mi sono affezionata.

 




AEROSMITH CONCERTO A S.DIEGO: 
UN’ESPERIENZA INDIMENTICABILE!

di Laura Cebin   

 

Martedì  5 novembre, dopo un’estenuante ma divertente giornata passata allo zoo di San Diego, sono andata con Erika, la ragazza che mi ospita, al concerto degli Aerosmith, un gruppo famoso in tutto il mondo.
Il concerto si è tenuto in una Big Arena poco distante da Chula Vista.
Erika fa parte del gruppo delle "Cheerleaders" (meglio conosciute come ragazze pon-pon) che, oltre a fare le supporters durante le partite, fanno anche volontariato nelle manifestazioni importanti. 
Erika con sua  madre e le altre ragazze lavorano nei ristoranti "take-away" che si trovano nei back-stages dello spettacolo. 
Tutte insieme siamo entrate con un pass speciale che hanno solamente le persone che lavorano all'interno dell'arena. 
Per poter farmi passare più facilmente mi hanno dato una divisa uguale a quella delle altre ragazze e che, con mia grande sorpresa, mi hanno permesso di tenere come ricordo della serata.
Mentre Erika con sua mamma e le altre ragazze lavoravano, io ho potuto posizionarmi in posto molto vicino al palco in modo da poter assistere al concerto.
Dopo una breve attesa, il concerto è stato aperto da un gruppo rock “Kid Rock”  con il loro rock duro.
Mentre seguivo il concerto ho potuto assaggiare per la prima volta le famose “French Fries”, (patatine fritte con un chilo di ketchup piccante sopra!).
Molto buone ma anche molto piccanti e salate!
Alla fine dello spettacolo della band Kid Rock, si è sentito un grande boato che arrivava dalla folla degli spettatori, composta da persone di varie età e di vario aspetto, soprattutto nel modo di vestire.  
Finalmente erano arrivati gli AEROSMITH!!!
Anch’io ero molto eccitata perché mi piace molto quel genere di musica.

Il cantante, che è anche il leader del gruppo, è Liv Tyler, famoso per la sua enorme bocca, ma dalla voce potente.

Mi ha colpito molto com’era vestito: indossava un completo di pelle nera molto accattivante, e sotto la giacca aveva una canotta zebrata….molto sexy.  
Certo che indossata da lui che ha un fisico da “flebo” faceva un po’ pena!!!!
Il concerto è durato circa tre ore.
Ogni tanto entravo nel fast food per potermi scaldare e bere la loro hot chocolate, che più che cioccolata sembrava acqua e fango con molto zucchero.
Purtroppo non ho potuto fare nemmeno una foto al concerto perché la mia divisa mi tradiva (al personale era proibito fare le foto).
Il gruppo ha cantato le canzoni più famose: PINK!, I DON’T WANNA MISS A THING e molte altre; hanno cantato, inoltre, una canzone scritta in tributo alle vittime dell’11 settembre, mentre alle loro spalle scorrevano le immagini della strage delle Twin Towers. Tutto il pubblico sembrava unito in un unico abbraccio e con tutti gli accendini accesi. Molto triste…
Non sono rimasta lì fino alla fine perché il concerto durava troppo e il giorno dopo bisognava andare a scuola: lì, al mattino, ci si alza molto presto, alle 6  bisogna già essere in piedi.
Sono arrivata a casa molto stanca ma felice per tutto quello che avevo potuto vedere!
Sicuramente è un’esperienza che mi piacerebbe rivivere e che racconterò sempre con piacere ai miei amici una volta tornata a casa…. 

 


 


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Riproduzione e diritti riservati -  Aggiornato il - Updated on: 09-mar-2016