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STORIE DI EMIGRANTI ITALIANI: 
INTERVISTA A GIUSEPPINA (PINA) CALABRO

di Alessia Fornasier  

Nel XX secolo molti Europei hanno lasciato il loro paese per emigrare oltreoceano, dato che la situazione in Europa era molto dura, era difficile trovare un lavoro o se lo si aveva, la paga era comunque molto bassa e si riusciva a stento a mantenere la famiglia, che spesso era molto numerosa.

Alessia Fornasier intervista la sign. Giuseppina Calabro

Fra questi, molti emigrarono in Australia, perché questa terra non era ancora molto abitata ed era ricca di risorse naturali, come l’oro e il carbone.  
Durante il mio soggiorno in Australia sono stata ospitata da una famiglia di origine italiana infatti, Peter, il papa’ di Amy, la mia corrispondente, è nato in una famiglia italiana, che è emigrata in Australia negli anni Cinquanta. 
Ho avuto allora il piacere di intervistare la signora Pina, la mamma di Peter, e questa graziosa signora mi ha raccontato delle storie molto interessanti riguardo alla sua immigrazione e riguardo ai suoi ricordi dell’Italia (in italiano ancora perfetto)

Quando è arrivata in Australia?
Sono arrivata in Australia nel 1956 da S. Antonio, un piccolo paese in Sicilia. Mio marito Sebastiano era venuto qui nel 1955 e l’anno dopo l’ho seguito insieme ai nostri figli.
Come siete arrivati qui?
Siamo partiti da Messina in nave, la Toscanelli, non era molto grande ma era confortevole; era piena di persone che stavano scappando dall’Italia, la maggior parte per sempre.
Quanto durò il viaggio?
Il viaggio durò circa 1 mese, molto di più rispetto ad oggi.
Perché avete lasciato l’Italia?
In Italia la situazione era drammatica, non c’erano soldi a sufficienza per sopravvivere; Mussolini ci aveva fatto moltissime promesse che poi non ha mantenuto, per esempio, aveva promesso una pensione agli anziani ma non l’avevano avuta; mio padre si doveva arrangiare per vivere, vendeva la frutta dei nostri alberi, come le arance o le carrube, per guadagnare qualche soldino o comprava dei grossi tronchi e se li tagliava con la sega, nonostante fosse anziano, per avere legna da ardere. L’unico modo che avevamo per sopravvivere era emigrare.
Com’era l’Australia al suo arrivo?

L’Australia era molto meno abitata rispetto ad oggi, non c’erano molti immigranti, perlomeno a Moe. La cosa che mi aveva colpito di più di questo paese era che tutto fosse così grande, molto più grande che in Italia; per esempio le case erano (e ancora sono) molto distanti l’una dall’altra. All’inizio mi sembrava strano, ma dopo un po’ ti abitui!
C’erano molti italiani?
No, almeno per quanto riguarda Moe; c’erano però molti altri immigrati provenienti da quasi tutto il resto del mondo, specialmente dalla Grecia.
Gli australiani rispettavano gli immigrati?
Si, molto. Erano molto gentili con noi, non ci prendevano in giro; anche se non eravamo in grado di spiegarci in inglese, facevano il possibile per capirci.  
E ora, sono ancora rispettosi nei vostri confronti?
Certo, gli immigrati sono considerati australiani a tutti gli effetti, non c’è alcuna differenza fra noi e gli altri.  

Com’è andata con l’inglese? Lo ha imparato subito?
Oh no! L’ ho imparato dopo un po’ d’anni, forse perché non uscivo molto spesso; stavo sempre a casa con i figli e dunque non ho avuto la possibilità di impararlo.
 Quando andavo al supermercato cercavo di farmi capire quando dovevo chieder qualcosa, magari gesticolando…! 
Devo ammettere che neanche oggi il mio inglese è perfetto… 

Nonna Pina Calabro e i nipoti Amy e Simon

è molto difficile imparare una lingua nuova quando non si è più giovanissimi!
Si sente italiana o australiana?
Mi sento italiana, l’Italia è la terra dove sono nata e cresciuta! Anche se eravamo senza una lira la nostra Italia era favolosa…
Che cosa ricorda dell’Italia?
Praticamente tutto… la Sicilia era così bella, persino la frutta aveva un gusto diverso! La cosa che ricordo di più però è la mia famiglia, ovviamente…
Le piace vivere in Australia?
Si…mi sono abituata! Percepisco una buona pensione e tutti i servizi per la persona, per esempio la sanità pubblica, sono migliori che in Italia.
E’ mai tornata in Italia?
Ci sono tornata ormai 25 anni fa, ci sono andata per incontrare la mia famiglia e quella di mio marito, ho ancora molti cugini e nipotini in Italia…
Secondo Lei l’Italia è cambiata?
Ci sono molte più persone e poi le strade sono così trafficate..
Le piacerebbe tornare in Italia e vivere là?
Mah…se mio marito fosse ancora vivo mi piacerebbe, forse non proprio per viverci dato che qui ora c’è la mia famiglia, ma almeno per un viaggio…


Grazie mille per quest’intervista e per la sua disponibilità.

 


Foto: © Nicoletta Galante 2004


CANGURI, KOALA & ALTRI ANIMALETTI...

BREVE INTRODUZIONE ALLA FAUNA AUSTRALIANA

 

di Chiara Piazza  

La fauna in Australia è molto varia e affascinante perché è diversa da quella del resto del mondo. Gli animali australiani sono unici al mondo perché l’Australia è il continente che si è separato dagli altri in epoca più antica; dell’isolamento hanno approfittato i marsupiali, si sono diffusi ed hanno preso forme e dimensioni diverse. 

Canguro grigio con...
prole al seguito

I marsupiali non hanno placenta: i loro cuccioli crescono nel marsupio e si nutrono del latte dalla madre all’interno del marsupio. 
Il più tipico animale australiano è naturalmente il canguro; ci sono diverse specie di canguri, di dimensioni e colori diversi. 
I più comuni sono il canguro grigio e quello rosso. 
Saltano  ovunque, hanno zampe e piedi molto lunghi e vivono nel bush ma anche vicino alle case. 
Un altro animale tipico dell’ Australia è il koala. I koala sono come degli orsetti e hanno il pelo grigio sulla schiena e sugli arti e il pelo bianco sul petto. Hanno degli occhi molto piccoli e un grosso naso e si nutrono di foglie di eucalipto. Sono molto pigri e lenti e dormono 20 ore al giorno perché il loro cibo è poco energetico. 
Gli opossum sono pure dei marsupiali, e alcune specie sono in via d’estinzione. Vivono nelle foreste di eucalipti e sono animali notturni, in quanto dormono durante il giorno e sono attivi di notte. 

Se sentite qualcosa che corre sul vostro tetto di notte in Australia è un opossum! 
Hanno una lunga coda per appendersi ai rami degli alberi e si nutrono di frutti, bacche e foglie. Sono molto piccoli e simili agli scoiattoli.

Due dei più strani animali australiani sono l’echidna e l’ornitorinco. 
Entrambi sono monotremi, e depongono uova ma poi allattano i loro piccoli all’interno del marsupio. Le echidna sono ricoperte di aculei, utili per proteggersi dai predatori; assomigliano agli istrici. Gli ornitorinchi, invece, sono molto difficili da vedere e sono creature davvero strane. Sono simili a dei piccoli castori, per la maggior parte del tempo vivono in acqua e si nutrono di alghe e crostacei che trovano sul fondo dei fiumi con il loro becco morbido.

Dingo

Il dingo assomiglia ad un cane, di cui è un parente stretto. I dingo non sono marsupiali e da un certo punto di vista non sono neppure originari dell’Australia; infatti, sono arrivati in Australia fra i 3.500 e 6.000 anni fa, insieme agli Aborigeni, e successivamente si sono inselvatichiti. I dingo sono predatori e cacciano in branco. Sono di colore marrone chiaro e hanno una coda lunga e folta. 

Anche gli uccelli sono estremamente interessanti in Australia, specialmente le molte multicolori specie di pappagalli e cacatua, come le rosellas, i kingparrots, i galahs e i cacatua neri o dalla cresta gialla.  I kingparrots sono verdi, blu e rossi e si nutrono di semi e insetti, come gli altri pappagalli. 
I galahs sono bianchi e grigi con il petto e la testa rosa e i cacatua sono completamente neri o bianchi. I pappagalli costruiscono il loro nido sulle cime dei termitai o negli alberi e i loro nidi sono talmente resistenti che molte creature vi si installano. Hanno un becco potente e forte con il quale rompono noci e semi.
Un altro tipico uccello australiano è il kookaburra, conosciuto come uccello che ride; ci sono anche alcune specie di gazze, diverse da quelle italiane, in quanto non hanno il petto bianco ma la testa e la schiena bianche e il petto nero.

Crimson Rosella

Un'aquila "dalla coda a cuneo"

Ci sono anche molti uccelli rapaci, tra cui la maestosa aquila dalla coda a cuneo, gufi e il curioso “frogmouth”.
In Australia ci sono anche molti rettili, tra cui coccodrilli e lucertole giganti. 
La femmina depone le uova nella sabbia e nove mesi più tardi, quando le uova sono pronte a schiudersi, torna al nido e le piccole lucertole emergono dalla sabbia.
Altri rettili molto frequenti in questo paese sono i serpenti. 

Otto serpenti su dieci vivono in Australia e ci sono sia serpenti velenosi (e alcuni mortali!) che non velenosi.
Dopo aver descritto questi sgradevoli animali, continuiamo con creature più carine e divertenti: i pinguini. 
In Australia vivono i pinguini più piccoli del mondo, i pinguini blu.  Sono bianchi e neri (con riflessi blu) e dopo un’intera giornata in mare alla ricerca di cibo, ogni sera al tramonto ritornano ai loro nidi.   Lungo la costa sud vivono anche le foche, in particolare le otarie.  

Sono interamente grigie e vanno alla ricerca di cibo in mare come i pinguini e si nutrono di pesce, molluschi e alghe. 
Come avete potuto capire l’assortimento di animali australiani è molto vasto e ne ho potuto descrivere solo una minima parte.
Come conclusione al mio breve articolo, vorrei sottolineare delle differenze che ho notato nell’atteggiamento nei confronti degli animali tra l’Australia e l’Italia.
 Gli australiani hanno senz’altro più rispetto nei confronti degli animali: molte case hanno una mangiatoia dove i pappagalli e gli altri uccelli vengono a nutrirsi.  Inoltre, non temono gli insetti o i ragni anche se sono enormi, neri e pelosi o i serpenti perché sono abituati a vivere in contatto con loro.

Ospite non troppo raro delle case australiane è il timido ragno 
chiamato "huntsman". 
Le sue dimensioni non sono disprezzabili: questo misurava circa una dozzina di cm.

Un’ulteriore differenza è che ci sono molti campi dove mucche e pecore pascolano libere e felici insieme ai cavalli.  Da questo punto di vista l’Australia assomiglia un po’ all’Irlanda. 

Foto: © Nicoletta Galante 2004

 


Foto: © Nicoletta Galante 2004

 

 

SUMMER AIR 

REMINDS ME OF...

 

di Morena Battilana 

Preparo le valigie in silenzio, chiusa nella mia stanza. Non ho voglia di parlare, sono triste, non voglio tornare a casa. Questi quindici giorni favolosi in Australia sono letteralmente volati… il tempo crudele li ha fatti scivolare sulla mia pelle, come se un venticello tiepido mi avesse accarezzata un attimo il viso.  E adesso più niente…

Con tutti i vestiti, le scarpe e i souvenir in mano guardo disperatamente quella valigia e mi chiedo come farò a farci entrare tutto. E soprattutto mi assilla il pensiero di non dimenticare nulla….

Qualche lacrima mi scende sulle guance che si rigano automaticamente di nero a causa del mascara che cola insistentemente. Cerco di calmarmi e rassicurarmi dicendomi che io RITORNERO’ in questa terra meravigliosa, che ritroverò un giorno tutti gli amici che ho conosciuto qui. Ma questo non basta. Le lacrime e i singhiozzi continuano a tenermi compagnia in quella stanza ormai vuota, nella quale penetra solo un po’ di luce dalle tende socchiuse.

Dopo un poco entra Mark in camera. Mi dice che devo fare in fretta, perché la nostra cena d’addio sarebbe iniziata tra cinque minuti. Così, dopo un’ultima occhiata alla stanza e con l’ultimo sospiro sulle labbra, chiudo la valigia e mi preparo con sollecitudine.

 

Arrivati al ristorante dove era prevista la nostra festa, il mio umore si ristabilizza un pochino. Vedere tutti noi in quel locale, mi riempie il cuore di gioia e smetto di pensare che il giorno dopo sarei partita. Mi diverto. Mi avvicino alle mie compagne di classe e ai nuovi amici australiani: chiacchieriamo, ridiamo, scattiamo un mucchio di foto. Mi guardo un po’ intorno, sicura che non manchi proprio nessuno, e invece…. Che amara sorpresa! Dov’è lui?? Mi sembrava di aver capito che venisse anche lui questa sera. Ma dopo qualche attimo di trepidazione e timore si apre la porta del ristorante, e dietro ad Irene e Janis , scorgo lui, Chris, bellissimo, con un sorriso che potrebbe sciogliere la mia anima. I suoi occhi sono, come sempre, nascosti dai lunghi capelli biondastri che porta in modo sbarazzino. Lo fisso intensamente, per far in modo che si accorga di me, che mi saluti guardandomi negli occhi. Mi avvicino, sfioro il suo braccio, “Hi, how are you?” gli chiedo. Lui scosta i capelli con un gesto deciso del capo, e lì mi sorride perforandomi dolcemente coi suoi occhi immensamente vuoti e grandi e azzurri. La felicità mi investe in pieno, e per un momento dimentico di dover partire domani.

E così tutti ci mettiamo a tavola, io mi siedo vicino a lui, per poter respirare il suo profumo fresco. La cena prosegue perfettamente: risate, vino, foto. L’atmosfera è un incendio di allegria e gioia, nessuna preoccupazione per il viaggio del giorno seguente. Finito di mangiare ci trasferiamo tutti velocemente nella sala biliardo del locale, dove è presente un invitante juke-box, sul quale ci scateniamo a scegliere le canzoni più allegre e ballabili. E’ fantastico scherzare e muoversi a ritmo di quella musica.

Dopo un po’ non scorgo più Chris. Chiedo a sua sorella dove è andato, ma nessuno mi sa dare una risposta. Allora provo a tornare nella sala dove avevamo mangiato, che si è trasformata in un pub munito di palco, sul quale si stanno esibendo dei cantanti locali. E lui è lì, tutto solo, in uno dei primi tavoli che osserva e studia quei cantanti e chitarristi che stanno suonando. Mi siedo vicino a lui, perché qui mi sento più a mio agio che a ballare nella sala biliardo. Adoro la musica live e in quella stanza mi sento in sintonia col mondo. I gruppi si susseguono uno dopo l’altro, e la maggior parte di loro suona cover di gruppi famosi. Ogni tanto scende qualche innocente lacrimuccia dai miei occhi, perché alcune di queste canzoni sono veramente struggenti, ma tutto sommato l’unica cosa di cui mi rendo veramente conto è l’immensa armonia che circonda Chris e me.

A noi poi si aggiungono anche tutti gli altri, e la serata si conclude lentamente lì, tutti assieme a canticchiare le canzoni che conosciamo e a chiacchierare tranquillamente.

 

Verso mezzanotte i gruppi finiscono di suonare, e così sui nostri visi si dipinge un velo di tristezza, perché ci rendiamo conto che ormai è ora di salutarsi, di andare a casa a farsi una dormita prima del faticoso viaggio che ci aspetta domani. Io, soprattutto, non mi limito a rattristarmi, bensì precipito in un pianto sfrenato perché non voglio salutare tutti quanti, o meglio, per essere sinceri, salutare Chris. Ma le sorprese non sono finite: Janis e Chris mi chiedono se mi va di andare a casa loro per l’ultima volta, in modo da poter stare un po’ di più assieme. Io nel giro di un attimo sono al settimo cielo: ancora un po’ di tempo per rimanere con lui, prima di dirgli addio per sempre.

 

E così eccomi a casa loro, in giardino. La loro mamma ci prepara delle fette di toast con la nutella. Ce ne stiamo seduti in cerchio; nessuno sa proprio bene cosa dire, per paura di farsi uscire di bocca qualcosa troppo triste e di scatenare di conseguenza una crisi di pianto generale. Allora Chris se ne va in camera sua. Io lo seguo con la coda dell’occhio, da un lato enormemente preoccupata che possa essersene andato a dormire, e dall’altro terribilmente speranzosa di vederlo tornare fuori con la chitarra in mano. Grazie al cielo lui ritorna, con appunto la sua adorata chitarra tra le mani. I miei occhi si emozionano al vederlo arrivare, le mie mani sono sudate e desiderose di accarezzare quei suoi capelli scompigliati, il mio cuore batte energicamente a ritmo del mondo e dell’universo.

Sospiro, triste, attanagliata dal desiderio di dirgli quello che provo. Ma non posso… lui inizia a suonare. E… oh Dio, quelle sue mani così giovani e pure, come sfiorano quella chitarra… Accarezzano quelle corde sottili, ragnatele che brillano nella rugiada di una frizzante alba marina; intonano note immerse in una luna fatta di miele, sofferente e lacerata; creano un’atmosfera irrespirabile, allagata da milioni di lacrime salate e acide e penetranti. Lui sì che potrebbe sciogliere sale e sangue con quelle dita e quella chitarra.

Suona con la testa chinata, capelli sugli occhi. Ma di tanto in tanto alza lo sguardo, e punta il suo sguardo sul mio viso, in cerca forse di un’approvazione per la canzone che sta suonando. Ha degli occhi bellissimi, grandi e… vuoti. Ma non vuoti in modo brutto, vuoti nel senso che sono accoglienti e pronti ad essere riempiti del mio dolore, in modo che la mia anima triste possa andarsene un po’ dentro a loro, per depurarsi. E allora sorrido. E mi specchio in quegli occhi, e vorrei nuotarci dentro. Ma non posso. E realizzo in quell’istante che mi sono persa nei suoi occhi, che mi sono innamorata di lui, e che non basterà una vita intera lontana da lui per dimenticare come mi sono sentita bene in quell’istante, incantata e persa in due occhi dolci e accoglienti come il mare.

 

Mi viene da piangere. Ma Irene, che se n’è accorta, mi prende per un braccio, e mi trascina sul grande tappeto elastico al centro del giardino di Chris e Janis. Mi lancia su di esso e poi si tuffa pure lei, e come due sciocche scatenate cominciamo a rimbalzare e a saltare, a ridere a crepapelle, a fare le stupide. Siamo tristi da morire, ma cerchiamo di fare di tutto pur di non pensare a quanto stiamo male. Anche Chris e Janis arrivano lì, e cercando di placare la nostra pazza euforia si distendono vicino a noi sul tappeto. Io e Irene respiriamo ansimando per lo sforzo dei salti, ed è bellissimo quell’attimo di silenzio in cui stiamo ferme ad ascoltare il nostro fiato, il nostro cuore che esplode, il nostro essere vive. Con un lieve movimento Chris si sposta vicino a me. Io mi giro verso di lui, voglio catturare ancora il suo sguardo dolce. Ma lui non accenna a guardarmi, come se si sentisse un po’ in colpa, come se avesse capito che ha mi fatto innamorare di lui. In compenso però si avvicina a me, appoggia la sua testa sulla mia spalla, in modo che io possa annusare il profumo inebriante dei suoi capelli. Ed è allora che ci eleviamo da lì, non siamo più sul tappeto, non siamo più nel giardino, non siamo più in Australia. Siamo semplicemente in un mondo parallelo, in una dimensione senza contorni, rumori o colori. Un momento indimenticabile.

Se potessi esprimere solo un desiderio, un sogno, vorrei dormire lì con te, distenderci sulle nuvole, guardarti negli occhi per ore e ore, accarezzarti i capelli ascoltando qualche canzone che ci piace, purchè sia dolcissima. Vorrei che la musica ci avvolgesse teneramente in una spirale di dolore piacevole.

Come sarebbe stato bello stare abbracciati, ascoltare i nostri respiri, esplorare l’odore della tua pelle, sfiorare le tue mani. Non avrei voluto niente di più, solo un tuo candido e incomprensibile sorriso.

 

In quell’attimo arriva Angus, il cane di Janis, e la sua padroncina scoppia in un gridolino alla vista di quel cucciolo buffo. L’atmosfera si rompe, torno coi piedi per terra. Lascio che Chris si alzi per tornare alla sua chitarra, e piena di domande, lacrime e pensieri mi giro su un fianco in silenzio. Le note continuano a scorrere lente su di me, che rabbrividisco al pensiero che domani sarà tutto incredibilmente finito. Non voglio andare via, non voglio lasciare quel ragazzo che si è impresso come un dolorosissimo e indimenticabile marchio a fuoco su di me. Voglio rimanere lì e piangere ancora sotto la luna, distesa sul tappeto elastico con lui, nel suo giardino, sotto il fresco della betulla che brilla, sotto quell’incredibile cielo stellato d’Australia. Il cielo d’Australia… così immenso e pieno di stelle… perché laggiù ci sono più stelle??? Anch’io voglio tutte quelle stelle; anzi, a dire il vero,  vorrei solo quell’unica piccola stella dagli occhi brillanti che sta di fronte a me e suona.

 

Mark richiama la mia attenzione “The taxi is coming, hurry up!”. Oh mio Dio, no…

Non posso, non posso davvero andare via. Scoppio in una crisi di dolore. Guardo Chris, e gli faccio capire, anche se non vorrebbe, che sono caduta in quella trappola acuminata e trucida che è l’amore. Lui non sa cosa dire, cosa rispondere alla mia supplica di aiuto. Non riesce a ricambiare il mio sguardo. Abbassa gli occhi.

“E’ tutto finito, per sempre” penso. “Che stupida illusa che sono, come ho potuto pensare che gliene importasse qualcosa di me e che…”. Ma in quel momento Chris intona quell’ultima canzone che dice:

Summer air reminds me of all the feelings of your love,
And what it was like when we were together,
Walking all along the beach, you were never far from my reach,
And you held me through the stormy weather,

And I wanna fall in love tonight,
And I remember when you said "everything's gonna be alright"

Laying in the summer grass, you told me not to talk so fast,
As I told you how I feel,
You made me feel right at home,
You told me I was not alone and you knew just how I feel,

I know we talked about it, I just can't get around it,
I just want one more night with you,

October air reminds me of all the seasons of your love,
And what it was like when we were together
The smell of fall is everywhere and though it seems,
I just don't care, 'cause now you've gone away…

 

Rimango perfettamente immobile, con le lacrime che mi solcano il viso e mi distruggono gli occhi. Niente mi avrebbe resa più felice e afflitta, contenta e malinconica. Niente sarebbe stato più bello di quell’ultima canzone cantata  e suonata da te, come ultimo addio.

Mi alzo, esco con Mark e con un cenno della mano saluto. Salgo nel taxi e torniamo a casa…     Il mattino dopo è già ora di partire. Controllo ancora una volta tutto per bene, chiudo la valigia col lucchetto, porto le borse in macchina. Poi via, fino all’aeroporto di Melbourne. Gli ultimi saluti con tutti i nostri nuovi e indimenticabili amici australiani fanno scendere qualche lacrima…  Tanta tristezza e nessuna voglia di affrontare un viaggio così lungo e pesante per tornare in Italia. L’aereo parte. Siamo in volo. E poi stiamo già atterrando all’aeroporto di Venezia. Siamo a casa.

C’è qualcosa che non va. Mi sento estremamente sola e vuota e… non so. E’ come se mi manchi qualcosa. Ed è allora che capisco: ho dimenticato il mio piccolo cuore pieno di cicatrici laggiù in Australia. Forse un giorno tornerò a riprenderlo….

Foto: © Nicoletta Galante 2004

 


 

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Riproduzione e diritti riservati -  Aggiornato il - Updated on: 09-mar-2016